Anche se la sua vecchiaia impazza. Colpa del cellulare. Per darsi un contegno nell'occupare un sedia in prima fila nella scala del progresso, egli continua a camminare per via, parlando da solo. A chi? Al vento, perché il suo apparecchio è una fiction, una cosa finta, incollata all'orecchio. Di tanto in tanto lo allontana per fissarlo con occhio stregato. Propone scongiuri con grida gutturali e gesti inconsulti. È nella vana attesa di una risposta, di qualcosa che emetta suoni, che parli. Lo riappoggia, questa volta sull'orecchio sinistro. Ciò accadeva all'alba nell'avvento del primo esemplare. Oggi è vecchio, molto più vecchio il saggio del villaggio. Cammina caracollando, però quell'arnese è sempre lì incollato sull'orecchio, una volta a sinistra, poi a destra macchinalmente, seguendo l'alternarsi del suo respiro sempre più affannoso.. È diventato incrudito in se stesso, tanto che non si libererà mai di quel feticcio.