Leggendo attentamente i frammenti e anche gli scritti che ci sono pervenuti, a partire dai presocratici fino a Platone, si è notato che tutti, nessuno escluso, hanno mostrato scarsa credibilità al politeismo greco. Semmai si sono serviti dei miti per spiegare, attraverso metafore, allegorie, simboli e diavolerie varie, i concetti filosofici che richiedevano “intellezione” alla gente comune. Poiché inoltre la mitologia, latrice di verità imposte, contribuiva ad imbrigliare l’ evoluzione del pensiero umano, più che combatterla, l’ hanno ignorata, anche perché combatterla si rischiava la pelle. Sembrerebbe un paradosso che Platone, contrariamente a quanto detto, proponesse altri miti, dove tuttavia gli attori non erano più divinità, ma persone e cose. Ciò detto, la mia idea anch’essa più paradossale ancora, è la meraviglia nel dover constatare che questi filosofi, la maggior parte fra i greci, viaggiatori instancabili per ragioni di perfezionamento intellettuale, abbiano ignorato completamente il pensiero ebraico. Platone ad esempio probabilmente, se avesse letto la Genesi, testo scritto fra il VI e il V secolo a.C., forse avrebbe preso atto che il Bene in sé, cioè Dio non è un demiurgo, cioè un artigiano, ma il creatore del cielo e della terra, e di tutte le cose visibili ed invisibili. Senza questo punto fermo non si va molto lontano. Gli scienziati dibattono fino all’inverosimile per risalire pazientemente la catena della genealogia fisica, quella delle forze che hanno generato il cosmo fino a risalire all’origine. Ma poi? Cosa ha causato queste forze? Prima di queste forze cosa c’era? A forza di risalire si giunge verso l’irrazionale... perché la catena della genealogia fisica incontra il buio. Il niente. Si giunge a chi? Là c’è Dio, per chi ovviamente lo voglia ammettere. Il quale prima del tempo ha dato origine all’immortalità, all’essere, al non essere, al divenire, al mondo delle idee, tutte entità comprese in Lui. Dentro la sua mente esistono gli archetipi di Platone, che permettono alle cose visibili ed invisibili di esistere.
Dove sta dunque la genialità di Platone nell’aver elaborato la teoria del mondo delle Idee? Nel concetto di Eraclito quando dice: “la maggior parte delle cose divine si sottrae alla conoscenza per mancanza di fede da parte degli uomini- frammento n. 86”.
Platone, percorrendo il sentiero di quella fede, ha sfiorato, attraverso l’intellezione, il Dio creatore del Cielo, della terra e di tutte le altre cose, siano esse visibili che invisibili. Gli sarebbe stato sufficiente fare un passettino in più, per esclamare a pieni polmoni quel proverbiale Eureka: “riconoscere a Dio il vertice della scala dei valori e non relegarlo a fare da comparsa nel mondo delle Idee. Se avesse approfondito il principio dell’Uno, avrebbe concluso che quell’uno è Dio e che in lui, nel riconoscere il suo essere, [Io sono Colui che è], avrebbe riposto gli archetipi di tutte le idee, che consentono al cosmo di esistere, in tutte le sue componenti, quelle umana comprese. Si è limitato invece a collocare le idee nell’Iperuranio. Solo poco più in alto c’è Dio.
Mercoledì, 28 Febbraio 2018 17:17
Il Demiurgo e il Dio della Genesi
Leggendo attentamente i frammenti...
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