Tutte le opere di Platone, caso unico nella Storia della Filosofia, sono pervenute integralmente e in forma dialogica, ad eccezione delle Lettere.Perché dialogo? Anzitutto Platone, prima di essere filosofo, fu uno scrittore di Teatro. Quelle opere tuttavia non ci sono pervenute, poiché sono state distrutte, a quanto pare, da lui in persona. Abbracciata la causa della Filosofia per merito di Socrate, suo maestro, condivise il suo stesso parere a proposito della scrittura. La ricerca della verità in filosofia deve essere affidata al dialogo, com’era solito fare Socrate nei luoghi pubblici di Atene. Nel dialogo la domanda e risposta danno la possibilità agli interlocutori di sviluppare la discussione, e condurre alla ricerca della verità, qualsiasi argomento sia da trattare.Quella di Platone dunque è stata un’infedeltà nell’affidarsi alla scrittura per divulgare il pensiero di Socrate? Salvo il caso dell’Apologia, in difesa di se stesso, che oltretutto non è un dialogo ma un monologo, Platone non abbandona l’idea di Socrate di non scrivere. Scrive per trasmettere alle generazioni future tracce del suo pensiero. Nella sua Lettera, la VII, scrive a chiare lettere che la ricerca filosofica deve essere affidata all’oralità. Il dialogo consente l’applicazione della maieutica, consistente, in senso reale, sia pur in forma metaforica, nel trarre dal pensiero dell’ascoltatore il contributo alla ricerca della verità.
Platone ha scritto tantissimo eppure, a più riprese e in vari modi, ha rifiutato l’adeguatezza della scrittura allo sviluppo del pensiero filosofico. Sono tante le ragioni riferite a quest’argomento. In sintesi: la scrittura non accresce la sapienza degli uomini, contribuendo a creare confusione riguardo alle grandi proposizioni e al conseguente sviluppo del ragionamento sofistico.
La scrittura non rafforza la memoria e permette di ricordare cose e fatti di cui si ha già conoscenza.
La scrittura è, per sua natura inanimata, perciò cristallizzata in se stessa, senza poter reagire alle sollecitazioni esterne in modo attivo e costruttivo, né adeguarsi al progredire di qualsiasi pensiero esso sia.
La scrittura è statica nell’impossibilità rispetto al dialogo d’imporre la dialettica fra partecipanti, al fine della chiarezza e contribuire alla compiutezza dell’argomento.
La scrittura, proposta come genere letterario dei Dialogoi, è stato uno strattagemma di Platone per ridurre i danni, causati dalla sua inefficienza, consentendogli d’incontrare, almeno in parte la sensibilità del lettore.
Egli dunque ha commette peccato d’incoerenza, e di mancanza di rispetto verso il suo maestro? Anzitutto se non avesse scritto l’umanità intera avrebbe perduto l’arte incomparabile, espressa nei suoi dialoghi, di là dal pensiero proposto. Infine non si può sottacere che Platone abbia diffuso i “Principi Primi” solo ed esclusivamente ai suoi “scolari” e in forma orale. Perché Principi Primi? I postulati che si pongono al vertice dei valori si compongono, è sua idea, di pochi e semplici termini di verità, di là dai quali non c’è nient’altro da aggiungere.
Come sono emersi? Un qualsiasi capolavoro letterario, perciò in forma scritta, che si rispetti espone fatti e concetti originali, ma non palesemente e con chiarezza. Starà alla sensibilità del lettore andare alla ricerca del tesoro che vi si nasconde, servendosi di studio, applicazione e impegno. “I navigatori della scienza filosofica”, servendosi degli scritti, con coraggio, sensibilità e applicazione sono riusciti a ricostruire anche i contenuti, trasmessi dal geniale filosofo, in forma non scritta.
Segue il mito di Theuth