Si è disquisito molto sul fatto che Platone volutamente volesse velare al vasto pubblico le sue verità più importanti,per destinarle negli anfratti della sua Accademia. Nelle intenzioni c’erano dunque una verità essoterica e un’altra verità, quella esoterica? La verità è una sola, né ci sono verità di diversa gradazione. Esibiva dunque una mezza verità per il volgo? Non è esatto. Non ci troviamo, infatti, di fronte allo scienziato che scrive trattati monografici di una pedanteria oltre ogni limite di sopportazione, ma a un filosofo in cui il dialogo è uno schema preordinato allo scopo di conseguire la conoscenza, quindi la verità, attraverso il dibattito fra personaggi in scena. Ciò come premessa di ordine generale. Poi sullo stesso argomento, principale trattato in un’opera, egli aveva la genialità di seminare piccole perle, “frammenti”, in altri dialoghi di argomento diverso. Fu la sua una strategia per far approfondire la ricerca attraverso l’integrazione degli argomenti.
Al di là del fatto che la sua è una prosa scintillante, divina per forma, cosa c’entra con l’elaborazione del Mito della Caverna? Intanto per sminuire il concetto fra opposti di “essoterismo ed esoterismo”, in uso nei suoi scritti. Ogni scrittore che si rispetti, nell’esporre cose di significato alto, eviterà di entrare nel particolare, per favorire l’approfondimento della ricerca.
Questo concetto vale per meglio chiarire i significati essoterici contenuti nel Mito in esame. Esempio: Platone si serve di un’ipotesi, per descrivere che uno fra tanti sfortunati, possa essere affrancato dalla sua condizione tristissima. Anziché dell’ipotesi, egli avrebbe potuto servirsi di un burattinaio pentito oppure di un’altra energia vitale esterna. Anzi così è stato. Perché? La prasssi c’insegna che, nel corso della storia, tanti benefattori dell’umanità siano intervenuti a risollevare le condizioni infelici di parte del genere umano. Perché non un santo? Perché non un filosofo? Dietro a quell’espressione sintattica [l’ipotesi] nel caso di Platone ci potrebbe essere un illuminato nell’intento di dar luce a chi non ne ha.
Il prigioniero, una volta liberato e in cammino verso la luce del fuoco nei pressi dell’uscita della caverna, dovrà fare i conti con una doppia disfunzione della vista di due cause diverse: quella di quando dal buio si esporrà la luce, e l’altra, di quando dalla luce si dirige dirige verso il buio.
Nel primo caso, durante l’avvicinamento verso la luce e nel corso della scalata dell’apertura, l’ex prigioniero, per guadagnare la superficie terreste e la libertà definitiva, dovrà essere assistito necessariamente da qualcuno. Nell’altro caso si vedrà…