
franco
Giustizia
Giustizia s. f. [ gr. δίκη - lat. iustitia]. Alle origini del pensiero filosofico con il termine giustizia non si segnalava la Virtù sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge.
I pitagorici intesero la giustizia come riflesso dell’armonia nel cosmo, esprimendola con i numeri superiori a zero, moltiplicati per se stessi, cioè numeri quadrati. Il significato recondito consisteva nell’azione e nella sua reazione.
Per Platone la giustizia è l'armonia tra le facoltà dell'anima o anche l’armonia anche tra le classi di cittadini, poiché assegna a ogni facoltà oppure a ogni classe sociale quello che a ciascuno spetta, come attuazione del proprio compito.
Per Aristotele la giustizia partecipa dell' essenza della virtù e rappresenta il giusto mezzo tra il difetto e l’ eccesso. Poi contrappone, nel libro V dell'Etica Nicomachea Aristotele, alla giustizia l'ingiustizia. Ciò si spiega pensando alla giustizia come virtù particolare e il concetto di medietà è riferito a due quantità estreme che sono il troppo e il troppo poco nell'assegnazione degli onori e beni pubblici o nello scambio privato dei beni. Perciò il mezzo della giustizia in senso stretto corrisponde all'eguale, e non è come per Pitagora una quantità fissa, ma variabile. Non si tratta di dare a tutti in modo uguale, ma di dare a ciascuno il proprio.
Cicerone nel De inventione privatizza il concetto di giustizia, definendola come habitus animi, communi utilitate. Ulpiano trasforma l’habitus animi di Cicerone definendo la giustizia come costante e perpetua volontà di riconoscere a ciascuno il proprio diritto, come cioè la s’intende comunemente. Non è dunque scienza o ratio al seguito della natura, ma è volontà di ristabilire i diritti fra uomini in conflitto.
Nel Cristianesimo la giustizia si pone in riferimento al divino. Agostino dice Quod Deus vult ipsa iustitia est [ Quello che Dio vuole è giustizia essa stessa ].
Chilone, uno dei sapienti.
Per gli Spartani il primo della lista.
Anassimandro
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Il particolare che alcuni studiosi ritengono sia riferito ad Anassimandro è stato tratto dal quadro "La scuola di Atene" di Raffaello
Conosci te stesso
L'oracolo
… οἱ δέ γ᾽, ὦ φίλε, ἐν τῷ τοῦ Διὸς τοῦ Δωδωναίου ἱερῷ δρυὸς λόγους ἔφησαν μαντικοὺς πρώτους γενέσθαι. τοῖς μὲν οὖν τότε, ἅτε οὐκ οὖσι σοφοῖς ὥσπερ ὑμεῖς οἱ νέοι, ἀπέχρη δρυὸς καὶ πέτρας ἀκούειν … [Platone. Fedro 276b] | Essi dicevano, amico mio, che, nel tempio di Zeus a Dodona, da una quercia, venisssero i primi discorsi profetici. La gente di allora perciò, non essendo sapiente come voi giovani, nella sua semplicità, ascoltava oracoli da una quercia o da una pietra. trd. Franco Tarducci |
Anche Aristotele sul termine...
ὅτι δ᾽ οὐ ποιητική, δῆλον καὶ ἐκ τῶν πρώτων φιλοσοφησάντων: διὰ γὰρ τὸ θαυμάζειν οἱ ἄνθρωποι καὶ νῦν καὶ τὸ πρῶτον ἤρξαντο φιλοσοφεῖν, ἐξ ἀρχῆς μὲν τὰ πρόχειρα τῶν ἀτόπων θαυμάσαντες, εἶτα κατὰ μικρὸν οὕτω προϊόντες [15] καὶ περὶ τῶν μειζόνων διαπορήσαντες, οἷον περί τε τῶν τῆς σελήνης παθημάτων καὶ τῶν περὶ τὸν ἥλιον καὶ ἄστρα καὶ περὶ τῆς τοῦ παντὸς γενέσεως. 1.2 Meth. 982 10,15 | Che poi non sia poetica è evidente anche per coloro che per primi filosofarono. Gli uomini, infatti, sia ora sia nel tempo primo, hanno incominciato a filosofare per il fatto di meravigliarsi; all'inizio meravigliandosi di quelle fra le cose singolari che erano a portata di mano, in seguito, progredendo a poco a poco, sollevarono problemi anche di maggiore importanza, quali gli studi sulla luna, sul sole e gli astri e sulla genesi del tutto. trd. Franco Tarducci |
Anche Cicerone sul termine...
Quem, ut scribit auditor Platonis Ponticus Heraclides, vir doctus in primis, Phliuntem ferunt venisse, eumque cum Leonte, principe Phliasiorum, docte et copiose disseruisse quaedam. Cuius ingenium et eloquentiam cum admiratus esset Leon, quaesivisse ex eo, qua maxime arte confideret; at illum: artem quidem se scire nullam, sed esse philosophum. –Tusulanae disputationes 5.3,8 | “Eraclide Pontico, discepolo di Platone, uomo di grande cultura, riferisce che Pitagora si fosse recato a Fliunte dove aveva discusso con grande dottrina ed eloquenza alcune questioni con Leonte, principe dei Fliasi. Leonte, ammirato per il suo ingegno e la sua eloquenza, gli chiese quale arte professasse. Si sentì rispondere che egli non conoceva nessuna arte in particolare ma che era filosofo”. |